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TIRO al BARATTOLO

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Il Pane non spezzato


Viviamo in un mondo che ha fatto dei simboli e dei segni un modo per comunicare, tutto assume un significato e diventa più eloquente di parole e discorsi. Sembra strano in una cultura come quella occidentale addomesticata dalla filosofia greca che tutto ha concettualizzato, tradotto in pensiero, elaborato in senso logico, riversato in espressioni verbali, sembra stano che ancora i segni abbiano un loro valore. Così ciò che vediamo, quello che cade sotto la nostra esperienza, diventa strumento immediato di comunicazione, dice da sé senza bisogno di tanti commenti. Non sempre il segno è percepito immediatamente, a volte sedimenta nella mente lasciando traccia, come quei messaggi subliminali non troppo evidenti ma capaci di determinare una cultura o elaborare un pensiero.

Ho fatto questa premessa per esprimere un disagio che provo, e questi giorni è stato sotto gli occhi di molti, di fronte al “Pane non spezzato”.
Mi sto riferendo al segno principe della nostra fede che ci permette di riconoscere il Signore Gesù. Nel Vangelo di Luca si racconta che il Signore ospitato dai discepoli di Emmaus quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero (Lc 24,30-31), tornati a Gerusalemme i due discepoli raccontarono agli apostoli come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane (Lc 24,35).
Questo gesto semplice e solenne, comune a tutti, tutti i giorni e in tutte la tavole, ha assunto un significato incredibilmente evidente dopo che Gesù, durante l’ultima cena nel cenacolo, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me (1Cor 11,23-24).
Ci siamo talmente infervorati nella preoccupazione di affermare e difendere il significato della presenza reale nella eucaristia, fossilizzandosi sul ministro, la materia, le parole, l’intenzione da perdere di vista il gesto. Nella liturgia odierna il gesto dello spezzare il pane è stato separato dalla formula consacratoria relegandolo dopo il segno di pace, soffocandolo dalle parole della invocazione dell’Agnello di Dio, diventando un gesto privato, quasi nascosto del celebrante, che di solito sfugge all’Assemblea.

Lo “spezzare il pane” designava il rito dell'Eucaristia quando ancora non aveva ricevuto un nome fisso e tecnico come quello che usiamo oggi; lo usa S. Paolo (1Cor 10,16), il Vangelo (Lc 24,19) e gli Atti degli Apostoli (2,42.46; 20,7.11). Questa espressione metteva in evidenza una singolarità del rito, la sua espressività dinamica conservata gelosamente nella prima comunità cristiana.
La dinamica del gesto di spezzare il pane continua a raccontarci la Passione di Cristo che ha spezzato la sua vita donandocela dalla croce, ma anche la reciprocità del dono nella comunione tra i fedeli: il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane (1 Cor. 10,17).
Nella maggior parte del mondo evangelico protestante, rispetto al cattolicesimo, l’attenzione è piuttosto spostata al dono di grazia che è ricevuto nell’azione - fate questo in memoria di me – spezzare il pane e condividerlo insieme al vino.

Nelle adorazioni eucaristiche come nei riti della solennità del Corpo e Sangue del Signore ci troviamo, invece, difronte a segni dimezzati, impoveriti. Pur circondata da preziose raggere, sotto ricamati baldacchini, tra candele e fumi d’incenso atti ad esaltare la sacralità del Pane Consacrato, questo ci appare non spezzato e privo del vino: segni dimezzati, privati dell’essenzialità del loro significare. Segni più adatti a raccontare la stabilità della Chiesa che la sua dinamica, a fissare lo sguardo al Capo del Corpo piuttosto che alle relazioni che lo animano, una Chiesa osannante invece che una Comunità carica di amore.

Ci sarà spazio, nel futuro, per ricomprendere e vivere i segni in modo diverso più aderente a quello che realmente significano?